Il nostro Manuelito
di mamma Elsa con papà Roberto
Qualche tempo fa l'educatrice del nostro bambino durante un incontro con le famiglie iniziò a parlarci di “Raccontami” e chiese ai genitori se volessero raccontare la loro storia. Questo suscitò in noi il desiderio di raccontare agli altri ciò che avevamo vissuto e come avevamo incontrato la Casa del Sole.
Mi chiamo Elsa e arrivai in Italia nel 2005 da Cuba per ricongiungermi con mio marito Roberto, che già lavorava In Italia dal 2003; dopo quasi un anno finalmente arrivarono anche i nostri due figli: Leandro e Sandra. In Italia abitavano già alcuni parenti di mio marito.
Non mi fu facile lasciare Cuba per diversi motivi: gli affetti più cari (mia madre e i miei fratelli), il lavoro da ragioniera nell’ospedale pediatrico della mia provincia di Camagüey. Iniziò così una nuova vita di relazioni. Vivevamo in un piccolo appartamento nel comune di San Giorgio, mio figlio di 18 anni trovò un lavoro, Sandra di 8 iniziò il suo percorso scolastico, complicato dal fatto di dover imparare tante cose in una lingua che non conosceva ancora. Io ebbi la fortuna di trovare un lavoro part-time per aiutare la famiglia.
Dopo circa due anni che vivevamo in Italia c’eravamo integrati bene, avevamo creato buone relazioni e Sandra si era fatta diverse amicizie tra le compagne di scuola e il vicinato; insomma avevamo trovato una certa tranquillità e serenità.
Nella primavera del 2007 mi accorsi di aspettare un bambino. Iniziai subito a pensare come la nostra vita sarebbe cambiata ancora con un bambino piccolo. Economicamente eravamo abbastanza tranquilli, ma il non poter più lavorare per un periodo e aumentare in famiglia avrebbe creato non pochi problemi. I mesi passarono velocemente perché ebbi la fortuna di star bene fisicamente; la mia gravidanza proseguiva senza nessun problema e anche i controlli e gli esami dicevano che tutto era normale.
Alla 21ª settimana l'ecografia morfologica evidenziò che il mio bambino era maschio ed anche molto grosso. Arrivò il 26 dicembre, giorno che il ginecologo aveva stabilito come data presunta del parto. Io stavo bene, non avevo nessun dolore che preludesse al parto. Il 2 gennaio decisero che mi avrebbero ricoverata per indurre il parto.
Purtroppo fu un parto difficile: Manuelito nacque il 3 gennaio alle ore 16.35, pesava 4,750 kg e la dilatazione era insufficiente per permettergli di uscire… la decisione di un taglio cesareo urgente avvenne dopo la rottura dell’utero! Ricordo ancora queste parole: non sentiamo più il battito dobbiamo intervenire subito.
Il mio Manuel fu mandato immediatamente in terapia intensiva perché aveva avuto un grave arresto respiratorio e fu intubato. Anch'io finii in rianimazione e quando uscii mi comunicarono che il mio bambino aveva dei problemi gravi e che la sua vita era in pericolo.
Vedemmo il nostro bambino per la prima volta dopo parecchi giorni e constatammo quanto aveva sofferto e stava soffrendo: aveva continuamente crisi epilettiche gravi, un blocco renale e un sondino per l'alimentazione nasogastrica. Ritornai a casa senza il mio bambino, con un grande dolore misto a rabbia.
A casa ebbi il conforto dei miei cari e iniziammo così a vivere per il nostro Manuelito. Rimase ricoverato per un mese e mezzo e io tutti i giorni, accompagnata da mio marito, stavo con lui all'ospedale. Il personale della patologia neonatale era disponibile e preparato ad aiutarmi nell’avere cura del mio bambino che fisicamente soffriva; mi insegnarono come cambiarlo, come nutrirlo, come evitare che si togliesse il sondino. Per fortuna avevo mio figlio Leandro che si occupava di Sandra.
Arrivò il momento delle dimissioni di Manuel a metà febbraio e mi trovai sola nel gestirlo a casa. Fu un periodo molto difficile e intenso. Manuelito piangeva, piangeva sempre. Avevo il terrore che si togliesse il sondino; dovevo alimentarlo anche un po’ per bocca, ma lui non succhiava e spesso il poco latte che andava giù gli usciva con il vomito. L'avevo costantemente in braccio, di notte lo tenevo sulla mia pancia per vedere se si calmava. Le poche ore che dormiva di giorno le dovevo utilizzare per il resto della famiglia e per la casa. Ero distrutta.
Verso i tre mesi venne ricoverato in pediatria per il vomito e perché era sottopeso. Iniziammo così lo svezzamento per aumentare le calorie indispensabili per la crescita ponderale. Il momento del pasto era comunque vissuto malissimo... piangeva continuamente. Nel frattempo iniziò la fisioterapia all’Uonpia e mio marito, finito il lavoro, ci portava in città (allora non avevo la patente) per fare le sedute di riabilitazione.
Tutto il primo anno fu un susseguirsi di visite specialistiche e di controllo, di sedute fisioterapiche. Manuel però continuava a essere irritabile, a piangere e ad avere spasmi. I vicini di casa per me furono importantissimi, mi facevano spesso compagnia e mi rincuoravano perché non è facile stare con il proprio bambino che piange continuamente, urla, non sopporta il passeggino; non puoi nemmeno andare a fare una passeggiata perché gli altri ti guardano, vedono che è disperato e ti senti giudicata come madre. Mai un sorriso si percepiva sul suo volto.
Quando eravamo in qualche supermercato io e mio marito guardavamo i giocattoli per bambini con tanta tristezza, perché il nostro bambino non era capace nemmeno di tenerli in mano e di guardarli. Nel frattempo anche il nonno volle fare un corso di fisioterapia per aiutarlo nella riabilitazione quotidiana a casa. Ci proposero di portarlo anche in piscina e subito capimmo che era un ambiente per lui piacevole e rilassante.
Decidemmo di cambiare casa perché il suo pianto, soprattutto di notte, disturbava i vicini. Trovammo una casa indipendente più lontana dalla città, a Roncoferraro. Verso i due anni provammo a inserirlo all’asilo nido con l'insegnante di sostegno. Andava solo al mattino due volte la settimana (gli altri giorni aveva la seduta di fisioterapia) e io rimanevo con lui. L'insegnante Veronica era professionalmente molto brava ma lui spesso piangeva.
Un giorno durante il colloquio con l'assistente sociale del comune, lei mi chiese se conoscevo Casa del Sole: mi spiegò che era un Centro dove andavano i bambini disabili. Io e mio marito non conoscevamo questa struttura; subito pensammo che poiché i bambini imparano per imitazione accanto a bambini come lui Manuel non avrebbe mai imparato! Ci assalì una grande tristezza. Andammo alla Casa del Sole, con il cuore affranto… ci accolse una dottoressa. A lei raccontammo del nostro bambino e portammo tutta la documentazione medica. Dopo qualche mese la dottoressa ci chiamò al telefono, dicendoci che Manuel poteva essere inserito alla Casa del Sole (aveva 3 anni e mezzo).
Quando chiusi la telefonata scoppiai a piangere per la gioia, perché avevo colto che in quel Centro c’erano persone capaci che lo potevano aiutare, e per il dolore perché mi chiedevo come avrei fatto a staccarmi da lui, come avrei saputo se aveva mangiato ed era accudito, se veniva rispettato; da lui non potevo sapere nulla di com’era andata a scuola, lui non poteva raccontare...
I primi anni furono terribili. Lui piangeva ancora tantissimo sia a casa che a scuola. Non sopportava di essere messo nel passeggino, si calmava un po' solo in braccio. Lo alzavo al mattino alle 6.00, lo preparavo, gli davo la colazione, partiva e ritornava in un bagno di sudore perché il viaggio sul pulmino non era breve e quindi piangeva per tutto il tragitto.
Noi però iniziammo ad avere fiducia nel Centro e nelle persone che stavano 7 ore con Manuel: i colloqui con l'educatrice, i terapisti, il medico, la visita al Centro con l'assistente sociale ci davano il coraggio di continuare a credere che Manuel dovesse staccarsi da noi, dalle abitudini familiari e integrarsi con gli altri.
Piano piano iniziò così un periodo più tranquillo… anche Manuel iniziò ad acquisire il ritmo sonno-veglia, a mangiare ad orari, a stare un po' di più nel passeggino e di notte a dormire sulla pancia del suo papà. Finalmente si era un po’ staccato da me, stava crescendo.
Decidemmo ancora una volta di cambiare casa per avvicinarci alla Casa del Sole perché a scuola era più sereno e tranquillo, mentre il viaggio con il pulmino a fine giornata era effettivamente molto stressante per lui.
Manuel ha compiuto da poco 12 anni e possiamo dire che in questi anni di scuola ogni educatrice che lo ha seguito gli ha dato sicurezza e gli ha trasmesso la gioia di fare, di imparare, di giocare e di stare con gli altri. Conosciamo le tante attività che lui fa sia individualmente che in gruppo e le apprezziamo nelle bellissime foto che ci vengono mostrate durante le riunioni e anche grazie ai tanti lavoretti che porta a casa.
Nostro figlio ha creato legami affettivi profondi con i terapisti che lo seguono da anni individualmente: Roberta, la logopedista che lavora con lui sulla comunicazione attraverso le immagini, le foto e sulle sue emozioni; Emanuela che in palestra lo rilassa e lo fa camminare con il suo girello; Anna che in piscina lo fa giocare e muovere da solo con il suo salvagente; Monica che lo porta nella sua stanza piena di strumenti musicali per suonare insieme.
Noi genitori vediamo il nostro Manuel crescere, apprendere cose nuove, ma quello che ci fa più felici è il suo sorriso, che c'è quando al mattino arriva il pulmino per portarlo a scuola e che ritroviamo la sera quando torna a casa. Quest'anno poi ha partecipato ad un breve soggiorno di tre giorni e due notti: per la prima volta si è staccato da noi e ha dormito senza di noi.
Oggi siamo contenti che, oltre a noi, ci siano tante persone che vogliono il bene di Manuel e lo vedano come un ragazzino che ha tante potenzialità; è lui in prima persona che deve crescere e impegnarsi, ma non è da solo: gli altri, i grandi, i coetanei gli sono vicini per incoraggiarlo.
In questi anni, soprattutto nei primi, ho pregato tanto Maria che aiutasse me e mio marito a fare le scelte migliori per il nostro Manuelito e la ringraziamo per averci sostenuto. E vorremmo ringraziare quell’assistente sociale che un giorno ci chiese: conoscete la Casa del Sole?