L'IMPORTANZA DI SENTIRSI ACCOLTI

 

L’importanza di sentirsi accolti

di Andrea, Anna, Nicolas, Silvia, Stefano
 
Io vedo che, quando allargo le braccia, i muri cadono. Accoglienza vuol dire costruire dei ponti e non dei muri. (don Andrea Gallo) 
 
La parola accogliere, per i Latini, aveva molti significati: ricevere qualcuno o qualcosa, raccogliere, accettare. Se ci pensiamo oggi sono queste le sfumature dell’apertura verso l’altro. 
L’accoglienza è un atto di apertura. Tutto ciò che viene accolto viene fatto entrare, in una casa, in un gruppo, in sé stessi. Ma accogliere non è solo ospitare, è mettersi in gioco rendendo partecipe l’altro di qualcosa di proprio, è il riconoscimento dell’altro, è ascoltare. Accogliere significa fare lo sforzo (eh sì, lo sforzo) di aprire le porte di casa propria, intesa come cuore, come famiglia, come confini, all’altro, affinché esso possa chiederti aiuto, possa riposare, possa condividere un’esperienza. O semplicemente perché insieme si possa stare in ascolto gli uni degli altri, anche lasciando parlare il silenzio. Accogliere è agire per andare oltre.
 
A Casa del Sole, il momento dell’accoglienza, il momento in cui alle 9.00 si aprono i cancelli, ricopre un ruolo centrale e significativo. Non è infatti il semplice entrare in classe per iniziare una nuova giornata, ma è il predisporsi all’altro, il prepararsi ad ascoltarlo e a cogliere i segnali che ci manda. 
Molto spesso, nella pratica educativa, intorno a questo momento creiamo una ritualità: andare ai pulmini a prendere i nostri ragazzi, salutarci, rientrare in classe, condividere un breve momento di colazione, rendere esplicito il programma della giornata. 
Questi passaggi nascondono un significato importante e profondo, sia per noi che per i nostri ragazzi: il passaggio dalle dinamiche personali di vita, esterne alla scuola, all’esserci per l’altro mettendosi in ascolto nel qui ed ora. Questo vuol dire ritrovarsi nella relazione su un terreno comune, predisporsi alla vicinanza e al lavoro insieme, prepararsi ad ascoltare e a fidarsi l’uno dell’altro. E credetemi, non è un poco. 
Proviamo ora a suddividere l’accoglienza in tre importanti momenti: prima il saluto ai cancelli e l’arrivo in classe, poi la svestizione e la colazione e infine la lettura del programma giornaliero. Tre situazioni uguali per tutti, eppure vissute in modo differente da ogni nostro ragazzo. Diversità che attraverso il nostro lavoro trasformiamo in senso di appartenenza al proprio gruppo, alla classe. Ognuno mette un pezzetto di sé e tutti insieme ci si completa.
Il percorso dal pulmino alla classe può essere difficoltoso per alcuni, per altri no. In questo caso un tragitto diverso, la scelta di entrare un po’ dopo, l’utilizzo di uno strumento per facilitare l’entrata autonoma, la mano di un compagno possono fare la differenza. Tutto questo sempre visto nell’ottica di una progettualità, piccoli ostacoli da superare insieme. Ed è così che ci si accorge che chi prima aveva bisogno di essere stretto per mano per superare quel breve tragitto, ora è chi aiuta il compagno in difficoltà.
 
Si arriva in classe e la sensazione è quella di un piccolo “trasloco”, tante cose da riordinare: i saluti, le esperienze a casa, le emozioni di alcuni giorni importanti, o di alcune giornate no. Tante informazioni, tutte di uguale importanza da accogliere e non farci scappare. Questo avviene con spontaneità fin da subito, durante una richiesta di aiuto nel togliersi la giacca, mentre viene mostrato un vestito appena comprato con i genitori o un taglio fresco per la nuova stagione e si incastra con piccoli doveri, quei doveri che fanno sentire grandi i nostri ragazzi. 
Per questo qualcuno intanto starà preparando le colazioni, qualcun altro le consegne per la cucina, altri invece staranno aspettando i loro compagni alla finestra. Il nostro lavoro è di accompagnare tutto questo, scandendo ritmi, rimanendo in ascolto e compensando ciò che manca, per rendere tutto ciò via via più ordinato possibile, migliore e più sereno per tutti. 
 
Poi finalmente ci si siede. La colazione è un momento di ristoro e di vera condivisione, un momento in più per dare spazio alle idee, per prepararsi al meglio alla giornata; in questo frangente è bello poter regalare momenti di stupore ai nostri ragazzi con semplici indovinelli o piccoli sorprese. Infine per organizzare al meglio la giornata, ci vengono in aiuto diversi strumenti. Il calendario con le attività in programma è uno di questi, un modo ulteriore per facilitare lo scambio comunicativo, per ripassare gli impegni delle prossime ore e orientarsi al meglio all’interno della settimana. Dopo aver ripassato a turno le attività si può iniziare la prima attività giornaliera.
 
Spesso accogliere l’altro vuol dire anche predisporsi all’idea che chi arriva possa avere uno stato emotivo molto diverso dal nostro ed è difficile pensare di saper sempre cosa dire o cosa fare per ogni eventualità. Per questo l’accoglienza si allena ogni giorno, non per avere pronta un’azione da fare, ma per avere pronta la capacità di sintonizzarsi con l’altro e comprendere i suoi bisogni, per avere pronta la capacità di ascoltare anche quando non ci viene detto nulla. È una continua ricerca dentro sé stessi e dentro l’altro, per trovare appigli, per costruire mattone dopo mattone un luogo sicuro in cui tendere le braccia verso l’altro. 
 
Durante la nostra esperienza lavorativa ci troviamo quotidianamente a dover accogliere qualcuno. Ed è come se ogni giorno fosse un’esperienza diversa e nuova. Il nostro stato d’animo è sempre differente, così come lo è quello di chi arriva, e ogni giorno cercare di sintonizzarsi è qualcosa da conquistare. 
E allora l’educatore cerca di cogliere ogni piccolo spunto per rimandare ai suoi ragazzi che è il momento dello stare insieme: dal complimento per un nuovo taglio di capelli, alla condivisione di un thè con i biscotti, fino ad una carezza, trovando un modo per sorridere insieme e dirsi: ecco, ci siamo, siamo a scuola, il luogo in cui si condivide! 
 
La presenza dell’educatore diventa ogni giorno il trampolino da cui, una volta tuffati, si ritrovano modi di essere ed abitudini quotidiane, piccole e grandi conquiste da compiere insieme, con i compagni di classe, con i terapisti, con tutte le figure di supporto.
 
Certe volte il mare è calmo e si comincia subito a nuotare insieme verso gli obiettivi della giornata; altre volte il mare è agitato o completamente in burrasca, e per questo nuotare verso obiettivi comuni diventa maggiormente faticoso, ci sembra di non farcela, serve molta energia e molta costanza e poi ci sembra di rimanere fermi; in ogni caso fondamentale è non smettere di nuotare e di muoversi verso gli stessi lidi, siano essi vicini o appena percettibili alla vista. Da soli si cammina veloci, ma insieme si va lontano.
 
Da raccontami n71
 
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