Dal Dossier "Storie di condivisione, di noi rimane quanto abbiamo amato" del numero 72 di "raccontami" periodico della Casa del Sole.
Fra le parole più usate di questo ultimo decennio che hanno riscosso maggior successo c’è sicuramente il termine empatia. Ne abbiamo parlato spesso nei dossier scorsi. Nelle pagine che seguono ne prendiamo in considerazione un’altra, usata più raramente, ma non per questo meno importante, quella di condivisione.
Ciascuno di noi vive la condivisione fin dalla nascita. Si potrebbe dire che la facciamo nostra con il latte materno. Una madre infatti comprende i bisogni del suo bambino, non solo e non tanto per empatia, ma perché tra loro si crea condivisione, grazie a quello che si chiama dialogo tonico, vale a dire quell’incontro fatto di carezze, coccole e abbracci. La condivisione si realizza quando la mamma tiene in braccio e imbocca il suo bambino, ma più in generale con tutte quelle azioni di cura che una madre ha verso il figlio.
La condivisione è fatta anche di profumi (pensiamo all’odore della pelle), di sapori (il latte materno) di sguardi e sorrisi, di suoni e vocalizzi. Impariamo cosa sia il condividere fin dai primi momenti di vita, ed è proprio la condivisione che ci fa sentire accolti, ci apre alla vita e alla relazione con gli altri esseri umani.
Gli anni poi si incaricano di far subentrare nuovi sentimenti che finiscono talvolta col cambiarci, rendendoci magari più duri e meno capaci di guardare agli altri con coinvolgimento e interesse.
Così ci scopriamo cinici, quando mai avremmo pensato di diventarlo; disillusi, quando eravamo certi che il nostro entusiasmo sarebbe durato per sempre; non compresi, quando credevamo che tutti ci fossero veramente amici e che volessero soltanto il nostro bene.
Ma anche l’amaro in bocca che la vita ci fa gustare, ci aiuta a comprendere più in profondità il valore della condivisione, del poter contare su qualcuno che sappiamo ci conosce nel profondo e non ci giudica, che ci vuole davvero bene, che non ci vuole differenti da come siamo.
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