NUOVA BIOGRAFIA SU VITTORINA GEMENTI - INTERIVSTA ALL'AUTRICE ADRIANA VALERIO

 

INTERVISTA AD ADRIANA VALERIO
Autrice della nuova biografia su Vittorina Gementi

di Giovanni Telò Direttore Responsabile raccontami

Si intitola Quell’inutile carezza. Vittorina Gementi, una santa laica il libro, pubblicato di recente dalle Edizioni Paoline, che ripercorre la vita e le opere della fondatrice della Casa del Sole (176 pagine, 14 euro). L’autrice è Adriana Valerio, storica e teologa, per molti anni docente di Storia del cristianesimo all’Università “Federico II” di Napoli. In un’intervista presenta il “ritratto” della Gementi uscito dalla sua ricerca.

Perché ha scelto una frase della poetessa Alda Merini per il titolo del suo libro?
Le parole «quell’inutile carezza» rispondono bene alla spiritualità di Vittorina Gementi e fanno riferimento alla gratuità dell’amore. È una gratuità che sembra apparentemente inutile: certo, una carezza non può curare una malattia grave, mentre costituisce un toccasana perché attraverso quella carezza, quell’amore, si comunica una possibilità di vita e di rinascita.

Vittorina Gementi ha sempre vissuto il suo essere cristiana in contesti laici: insegnante elementare, vicesindaca di Mantova, fondatrice della Casa del Sole. Questo emerge con chiarezza dal suo libro.
Di solito quando si pensa alla santità si ha in mente una vocazione religiosa o una chiamata mistica. La Gementi invece rimane laica fino in fondo e vive la sua fede incarnandola nell’esperienza quotidiana, senza separarsi dagli altri. Tuttavia ha sempre avuto il desiderio, che poi realizza, di avere accanto a sé una comunità religiosa perché per lei la preghiera era espressione della presenza di Dio.

Per Vittorina che cosa significava educare?
La Gementi aveva una visione globale della persona, con le componenti fisiche, psicologiche, relazionali e spirituali. Per Vittorina erano importanti anche i rapporti con i genitori: pure loro dovevano essere educati ad accettare i bambini disabili. Voleva che gli ospiti della Casa del Sole tornassero in famiglia alla sera per non perdere quelle relazioni che erano alla base della loro vita.

La Casa del Sole non nasce, come scrive lei, da una «folgorazione», ma è frutto di impegno e studio.
Possiamo dire che la carità della Gementi non è improvvisata: ci teneva alla professionalità e la chiedeva anche alle persone che lavoravano con lei. Nel 1966 istituisce la Casa del Sole, dove gli aspetti pedagogici e medici sono fondamentali: era convinta che gli operatori a contatto con i disabili dovessero essere scientificamente preparati, oltre a essere amorevoli.

Nel libro definisce l’amore di Vittorina «visionario». Per quali motivi?
È visionario nel senso di profetico. Accogliere i bambini disabili significava avere una grande fede e capacità di scommettere sulla vita. La Gementi era sicura che quella fosse la strada giusta in quanto aveva la visione di un amore che va al di là del singolo risultato. Non bisognava utilizzare il metro dell’efficienza, ma il metro delle capacità della singola persona che, nonostante i suoi limiti, riesce a raggiungere una condizione di armonia, pace e felicità. È la visione di Dio, il quale non guarda al risultato effimero, bensì a un progetto più ampio di amore, di supporto anche a una vita difficile.

È la visione di Dio, dice lei. Com’era la spiritualità di Vittorina?
La sua fede era radicata nel Vangelo, che amava leggere e comunicare agli altri. La Gementi amava molto la preghiera, il silenzio e la contemplazione. La sua spiritualità risentiva anche dell’esperienza dell’Azione cattolica. Oltre all’aspetto interiore, l’altra dimensione che contraddistingue la Gementi è la cura degli altri, in particolare delle persone in difficoltà. Non dimentichiamo che questa attenzione l’aveva manifestata nei confronti dei bambini fin da quando era giovane maestra.

Possiamo parlare di contemplazione e azione, unite tra loro?
Certamente. L’esperienza della Gementi indica che la santità è per tutti e passa attraverso coloro che accolgono la Parola di Dio e la mettono in pratica mediante una solidarietà forte e condivisa.

Qual è l’aspetto che l’ha colpita di più di Vittorina?
Mi hanno colpito molto la sua capacità di accoglienza e il suo sorriso. Aveva un’attenzione verso tutti: un pensiero, una preghiera, un piccolo regalo. Nonostante le difficoltà non ha mai perso di vista la necessità di accogliere l’altro per come è, mostrando che, attraverso la propria persona, Dio si rendeva presente.

Lei è un’esperta di storia delle donne. Che cosa è necessario oggi nella Chiesa per valorizzarle di più?

Occorre saper dare alle donne spazi di responsabilità e di governo, che non hanno ma che appartengono ai diritti della persona. Vittorina Gementi, nonostante i rapporti forti che intratteneva con il vescovo e i sacerdoti, era una donna che decideva, aveva autorità e autorevolezza e ha fondato un istituto. Alle donne manca il riconoscimento della loro autorità e autorevolezza. Speriamo che, di fronte alla carenza di preti, la Chiesa sappia valorizzarle maggiormente.

 

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