RACCONTAMI VITTORINA: INIZI ANNI CINQUANTA, SUI BANCHI DI VASTO

 

RUBRICA: RACCONTAMI VITTORINA

 

Inizi anni Cinquanta: sui banchi di Vasto
I ricordi di Giancarlo Botturi e Bruno Zavatta, ex alunn
i
 
di Giovanni Telò Direttore Responsabile “raccontami”
 
 
Prendeva la corriera a Cittadella di Mantova, dove abitava. La direzione era quella verso Brescia, lungo la strada statale “Goitese”. Scendeva in località Contino, subito dopo Cerlongo. Arrivava presto e trovava il tempo per conversare con un contadino che le insegnava il dialetto della zona. Un linguaggio indispensabile per una maestra di scuola elementare, tanti anni fa, soprattutto in campagna. Ma il viaggio non era finito, in quanto doveva raggiungere la frazione di Vasto di Goito. Con la bella o la brutta stagione, il sole o la neve, a Vasto ci arrivava in bicicletta. Due chilometri e mezzo. È a Vasto che ogni giorno la attendevano i bambini per le lezioni scolastiche.
 
«Sono veramente felice»
Anno scolastico 1951-1952. Vittorina Gementi, futura fondatrice della Casa del Sole, inizia la sua esperienza di insegnante a Vasto, una borgata di settecento anime nelle campagne del comune di Goito (Mantova), verso Ceresara. Gli abitanti sono dediti ai lavori agricoli e le uniche realtà che li proiettano in altre direzioni sono costituite dalle scuole elementari, con pluriclassi, e dalla parrocchia. Il parroco di Vasto è don Enrico Agazzi: ha 73 anni ed è qui dal 1910; morirà nel 1961, dopo aver trascorso più di mezzo secolo tra quelle persone.
«Oggi, 8 ottobre 1951, è il primo giorno di scuola», annota Vittorina sul suo registro. «Incomincio la nuova vita che tanto ho sognato, sono veramente felice perché ho raggiunto il mio ideale. Mi trovo in un’aula abbastanza larga, ma disadorna e trascurata. Ho due classi: in tutto una trentina di bambini [di prima e seconda elementare]. La responsabilità e i doveri che mi aspettano, da principio mi hanno un po’ spaventata, ora invece mi incitano a iniziare subito il lavoro; perché sono proprio questi i momenti più preziosi, che facilitano la comunione tra allievi e insegnante».
Vittorina svolge l’attività di maestra a Vasto per quattro anni e definisce la classe «la nostra cara famiglia» (dal registro, 8 maggio 1953). Poi, nel 1955, viene trasferita a Villanova de Bellis, frazione di San Giorgio Bigarello.
 
Una grande forza interiore

Abbiamo avuto la soddisfazione di incontrare due ex allievi di Vittorina Gementi alle scuole di Vasto: Giancarlo Botturi, nato il 16 agosto 1945 – con Vittorina ha frequentato la prima elementare nel 1951-1952 –e Bruno Zavatta, venuto alla luce il 12 giugno 1946, insieme alla Gementi negli anni 1952-1955, dalla prima alla quarta elementare. Con loro proseguiamo la rubrica “Raccontami Vittorina”.
«Io abitavo alla corte Risaie, dove mio papà Angelo faceva il salariato, alle dipendenze di un affittuale», spiega Giancarlo. «Eravamo in nove fratelli. La scuola distava due chilometri dalla nostra corte e la raggiungevamo a piedi. Di Vittorina ricordo il suo candore e la sua dolcezza: sono gli aspetti che sono rimasti impressi per sempre nel mio cuore. È stata un’altra mamma. Difficili da dimenticare le sue carezze, i suoi sorrisi, la sua prorompente forza interiore. Nella sua vita ha saputo coniugare due figure di donne presenti nel Vangelo di Luca: Maria e Marta, cioè le dimensioni della contemplazione e dell’azione».
Le due aule scolastiche di Vasto – che in seguito raddoppieranno per interessamento di Vittorina – erano piuttosto brutte. Però la Gementi, con i bambini, si impegnava a renderle confortevoli, mettendo carta colorata sui davanzali delle finestre, attorno ai fili della luce e sulle piccole mensole. Gli scolari portavano fiori da casa. E tutto si rallegrava. Questi aspetti sono stati evidenziati da Vittorina sul suo registro, dove appuntava i risultati scolastici dei bambini e le esperienze più significative. Il 25 novembre 1951 scrive: «I miei alunni vengono a scuola volentieri e hanno buona volontà: dico ciò perché ogni giorno vedo lo sforzo che individualmente compiono per perfezionarsi sia nello scrivere, sia nel leggere». Alcuni mesi dopo, il 9 febbraio, aggiunge: «Sono abbastanza contenta perché vedo che oramai tutti i bambini lavorano con gioia e con entusiasmo, e voglio sperare che sia così per tutto l'anno».
Giancarlo ricorda una gita a Mantova nella primavera del 1952: era la prima volta che lasciava la campagna per recarsi in città. Rievoca anche il giorno della prima Comunione, la cui preparazione era stata curata da Vittorina insieme a don Agazzi. Ma a Giancarlo ritorna soprattutto alla mente l’11 novembre 1952, giorno di san Martino: per i contadini, “fare san Martino” significava lasciare una corte per andare ad abitare in un’altra. E ciò era avvenuto anche per la famiglia Botturi, diretta alla corte Fabbrica Angelini, nei pressi di Marsiletti di Goito, con il doloroso distacco di Giancarlo dalla sua maestra, di cui non si è mai più scordato.
Il 20 agosto 1965, Giancarlo spedisce una lettera a Vittorina: «Non sono mai stato capace di dimenticarmi di lei», afferma l’ex allievo, scrivendo dal Seminario dei Frati minori conventuali di Rivoltella del Garda (Brescia), dove si trovava. In seguito, Giancarlo ha lasciato il Seminario ed è andato a lavorare in una fabbrica di elettrodomestici a Varese. Si è sposato con Caterina ed è padre di due figli, Daniele e Sara.
 
I bambini in difficoltà
L’altro protagonista del nostro racconto, Bruno Zavatta – sposato pure lui, con Bianca, e papà di Enzo –, durante la sua vita ha fatto il barista. Anche per Bruno è indelebile il ricordo di Vittorina e delle scuole frequentate a Vasto. La famiglia Zavatta abitava alla corte Palazzetto, con il papà Anselmo che era agricoltore. Quattro i figli. D’inverno i fossi erano ghiacciati e, nell’andare a scuola, Bruno si divertiva a scivolare su quelle lastre, facendo le sbrissiarìne.
«In classe ci si scaldava con le stufe a legna e a carbone. La bidella si alzava presto per accenderle. Ricordo che le aule avevano il soffitto alto e ce ne voleva per renderle tiepide!», spiega Bruno. Ma i suoi ricordi sono legati soprattutto a Vittorina. «In alcune circostanze ci faceva trovare delle caramelle o dei piccoli giocattoli sui banchi. Noi bambini eravamo tutti entusiasti. Con lei recitavamo ogni giorno le preghiere e ci recavamo in campagna per delle passeggiate. Era un modo per apprezzare la natura». Il 27 novembre 1952, sul registro, la Gementi scrive: «Bruno è molto buono, ma un po’ lento nello scrivere; è ordinato, attento e dotato di buona volontà».
D’estate Vittorina arrivava alla corte Palazzetto insieme al papà Primo, che faceva l’ambulante di stoffe. Prosegue Bruno Zavatta: «Io avevo delle difficoltà a pronunciare correttamente la erre e una volta lei si era fermata per quasi un’ora finché era riuscita nell’intento di migliorarmi. Il papà le metteva fretta, ma Vittorina gli aveva risposto: “Senti, a Bruno escono bene le parole con la erre!”».
Bruno considera Vittorina una santa. «A scuola abbiamo imparato tutto da lei, anche l’attenzione verso i bambini in difficoltà. Terminate le lezioni, ella si fermava con loro per spiegargli attentamente quello che non avevano capito: in questo modo, ad alcuni è riuscita a far ultimare le scuole elementari». In particolare, la Gementi si era interessata di un ragazzo disadattato e, con il suo aiuto nelle ore pomeridiane, aveva imparato a leggere e a scrivere. In seguito si introdurrà nel mondo del lavoro. A Vasto, ma anche a Villanova de Bellis, Vittorina si era occupata delle situazioni più difficili. Inseriva “semi buoni” nell’esistenza dei bambini e delle loro famiglie, e anche nella sua. Semi che poi sbocceranno con la Casa del Sole.

 

Dicembre 2022, dal numero 76 di raccontami periodico della Casa del Sole

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